« Serendipity is looking in a haystack for a needle and discovering a farmer’s daughter. »
« La serendipità è cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia del contadino. »
(Julius Comroe Jr. ricercatore biomedico, 1976)
Serendipity è una delle parole più belle della lingua inglese, così come una delle più difficili da tradurre. Indica la sensazione che si prova quando si scopre una cosa non cercata e imprevista mentre se ne sta cercando un’altra; è la capacità di collegare fra loro fatti apparentemente insignificanti arrivando a una conclusione preziosa. Il termine deriva da Serendip, l’antico nome persiano dello Sri Lanka. Fu coniato dallo scrittore Horace Walpole che lo usò in una lettera scritta ad un amico inglese nel 1754, ispirato dalla lettura della fiaba persiana “Tre prìncipi di Serendippo” di Cristoforo Armeno nel cui racconto i tre protagonisti trovano sul loro cammino una serie di indizi, che li salvano in più di un’occasione. La storia descrive le scoperte dei tre prìncipi come intuizioni dovute sì al caso, ma anche allo spirito acuto e alla loro capacità di osservazione.
La novella dei “Tre prìncipi di Serendippo”
Fu anticamente nelle parti orientali, nel paese di Serendippo, un grande e potente re, nominato Giaffer, il quale ritrovandosi tre figliuoli maschi, coltissimi perché educati dai più grandi saggi del tempo, ma privi però di un’esperienza altrettanto importante di vita vissuta, decise, per provare, oltre alla loro saggezza, anche le loro attitudini pratiche, di cacciarli dal regno e mandarli in viaggio, durante il quale i tre fanno diverse scoperte, grazie al caso e alla loro sagacia, di cose che non stavano cercando.
Da poco giunti nel Paese di Bahrām, potente imperatore, i prìncipi si imbattono in un cammelliere, disperato perché ha perduto il proprio animale.
I tre non pur non avendolo visto, dicono al poveretto di averlo incontrato e fornendo al cammelliere gli forniscono elementi precisi sul cammello: è cieco da un occhio, “gli manca uno dente in bocca” ed è zoppo. Il buon uomo, ripercorre a ritroso la strada ma non riesce a ritrovare l’animale.
Il giorno seguente, ritornato sui suoi passi, incontra di nuovo i tre giovani e li accusa di averlo ingannato. Per dimostrare di non aver mentito i tre prìncipi aggiungono altri tre elementi.
Dicono: il cammello aveva una soma, carica da un lato di miele e dall’altro di burro, portava una donna, e questa era incinta. Di fronte a questi particolari, il cammelliere dà per certo che i tre abbiano incontrato il suo animale ma, vista la ricerca infruttuosa, li accusa di avergli rubato il cammello. I nobili singalesi, imprigionati nelle segrete dell’imperatore Bahrām, sono così condannati a morte perché ladri. Fortunatamente un altro cammelliere, trovato il cammello e avendolo riconosciuto, lo riconduce al legittimo proprietario. Dimostrata in tal modo la propria innocenza, i tre vengono liberati non senza una adeguata spiegazione di come abbiano fatto a descrivere l’animale, senza averlo mai visto.
I tre rivelano che ciascun particolare del cammello è stato immaginato, grazie alla capacità di osservazione e alla sagacia. Che fosse cieco da un occhio era dimostrato dal fatto che, pur essendo l’erba migliore da un lato della strada, era stata brucata quella del lato opposto, quello che poteva essere visto dall’unico occhio buono dell’animale. Che fosse privo di un dente lo dimostrava l’erba mal tagliata che si poteva osservare lungo la via. Che fosse zoppo, poi, lo svelavano senza ombra di dubbio le impronte lasciate dall’animale sulla sabbia. Sulla spiegazione del carico i tre dissero di aver dedotto che il cammello portasse da un lato miele e dall’altro burro perché lungo la strada da una parte si accalcavano le formiche (amanti del grasso) e dall’altro le mosche (amanti del miele); aveva sul dorso una donna perché in una sosta il passeggero si era fermato ai lati della strada a urinare, e questa urina era stata odorata da uno dei principi per curiosità, venendo egli “assalito da una concupiscenza carnale” che può venire solo da urine di donna, aveva dedotto che il passeggero doveva essere di sesso femminile. Infine la donna doveva essere gravida, perché poco innanzi alle orme dei piedi c’erano quelle delle mani, usate dalla donna per rialzarsi a fatica visto “il carico del corpo”. Le spiegazioni dei tre principi stupiscono a tal punto Bahrām, che decide di fare dei tre giovani sconosciuti i propri consiglieri. I tre prìncipi in incognito offrono così i loro servigi all’imperatore, salvandogli anche la vita risolvendo situazioni difficili o prevedendo il futuro.
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